
FERMO – Il mercato del fashion vale 12 miliardi di euro, in calo dell'8,1% rispetto al 2019 e dell'1,4% rispetto al 2021. La ricerca di Sita-Pambianco è stata presentata da Confcommercio e Assomoda durante il convegno ‘Fashion Forward’.
Ci sono due comparti in particolare in difficoltà, uomo e infanzia, resta stabile quello femminile, ma crescono ottimismo e sentiment. Solo l'11% dei consumatori dichiara di non avere in programma acquisti per la stagione autunno-inverno e il 66% è intenzionato ad acquistare.
Promozioni e offerte sono la priorità, ma c’è anche la qualità e il Made in Italy. Continua a crescere la presenza delle calzature, trainate soprattutto dalle 'sneakers'; molti retailer integrano anche borse e accessori per ampliare e differenziare l'offerta.
“In calo la domanda di prodotti sostenibili, ma non l'attenzione al tema: dopo un iniziale entusiasmo, il consumatore dimostra ancora attenzione al tema dei prodotti sostenibili, ma a condizione che non impatti sul prezzo” spiegano i ricercatori.
Dopo il primo semestre in calo, le previsioni di chiusura sul 2025 restano comunque tiepide, con una stima di debole contrazione della spesa. L'orizzonte 2026-2027 indica, invece, un'inversione di tendenza, con una ripresa a valore dello 0,9% e dell'1,2%, sostenuta anche da una crescita dei prezzi attorno all'1%. A conferma delle difficoltà del mercato, secondo una ricerca condotta da Dimark presentata nel corso di 'Fashion Forward', nel 2025 le chiusure di negozi prevalgono sulle aperture.
Si è discusso anche di saldi e del ruolo ruolo, “con la data che prai è marketing più che una tutela del commercio” sottolinea il segretario generale di Confcommercio Milano Marco Barbieri. “La questione è che il tema del saldo, delle promozioni, delle vendite, si fa h24, 365 giorni all'anno, quindi quella data va tutelata e preservata, ma è una tutela di una policy di marketing, non è più una tutela di una policy commerciale regolatoria. Oggi un prodotto nel bene o nel male, lo vendo a un prezzo scontato, dove voglio, su qualsiasi canale, di questo bisogna prenderne atto. Il che ci permette anche di stabilire magari un nuovo modello di impresa per chi l'online non lo fa”.
Di certo, ha consigliato Barbieri ai partecipanti, evitare di pensare “di mettermi a fare la guerra all'online e di non strutturarmi nel tema della multicanalità, di non considerare l’intelligenza artificiale e la digitalizzazione, è un po’ complicato oggi far commercio, perché sono realtà che esistono: il non fare l'online, il non fare il digitale è comunque una strategia legittima”.
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