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Igiene, sicurezza e porte chiuse: il mondo senza lavoro dei tatuatori. Melis: "Così non si va avanti"

3 Aprile 2021

di Francesca Pasquali

MONTEGIORGIO - S’è messo in faccia una “maschera per la peste”, Cristian Melis, per dire che quelli come lui non sono untori. Una provocazione che il tatuatore di Piane di Montegiorgio ha affidato ai social. Un settore di cui si parla poco, il suo, costretto a più riprese ad abbassare le serrande, al pari di parrucchierie e centri estetici.

Con il ritorno delle Marche in zona arancione, da martedì prossimo potranno riaprire. Una notizia che, se da una parte rallegra il comparto, dall’altra non fa dormire sonni tranquilli, perché legata a doppio filo con l’andamento dei contagi e, di conseguenza, con la settimanale roulette dei colori.

«Ci fanno stare chiusi – denuncia il tatuatore –, ma i casi aumentano. Non siamo noi i portatori di questa malattia. Se ne sono accorti quelli che decidono? A quanto pare no. Evidentemente, non sono mai entrati nello studio di un tatuatore o di un’estetista. Altrimenti saprebbero come lavoriamo».

E per dimostrarlo usa le immagini. La porta d’ingresso con i cartelli e le regole da seguire. Il campanello, unico modo per entrare, uno alla volta. Una telecamera passa al setaccio lo studio e mostra detergenti e disinfettanti, porte scorrevoli che separano una stanza dall’altra («così, se dovessero esserci due persone in contemporanea, non si incontrerebbero mai») e apparecchi per misurare la temperatura.

«Ho anche un prodotto per sanificare l’aria. Lo uso ogni volta che un cliente esce dallo studio. Lo faccio da dieci anni, perché ci tengo all’igiene, non perché ce lo dicono adesso», spiega Melis. Che chiama a raccolta i colleghi perché, dice, «da soli non si va da nessuna parte, ma insieme possiamo provare a cambiare le cose».

Sui social, video del genere, si stanno moltiplicando. Segno di un malessere sempre più diffuso. Impotenti di fronte alle chiusure forzate, questi professionisti affidano la loro rabbia alle piazze virtuali. Qualcuno in piazza c’è andato davvero. Come il parrucchiere fermano che, armato di sedia e cartelli, ha protestato contro le serrate.

«Abbiamo le stesse spese delle altre attività. Affitto, utenze, tasse e tutto il resto. Non capisco perché i nostri guadagni devono essere considerati meno importanti di quelli di altri», dice ancora il tatuatore e punta il dito contro quella che, per lui, è un’incongruenza bella e buona: «Noi chiusi per forza e supermercati e altre attività aperte, anche se non credo che usino le nostre stesse accortezze», spiega e, in un altro video, mostra il parcheggio di un supermercato pieno di macchine.

Il tema è caldo e sentito. Qualche giorno fa l’aveva affrontato anche il presidente di Ali (Autonomie locali italiane) Marche, Nazareno Franchellucci. Il sindaco di Porto Sant’Elpidio aveva chiesto alla Regione di riaprire quanto prima le attività di cura alla persona, anche in zona rossa, soprattutto dopo la riapertura, martedì scorso, delle toelettature per animali. Appello condiviso dal sindaco di Sant’Elpidio a Mare che, pure, aveva scritto al presidente Francesco Acquaroli, perorando la causa di estetiste e parrucchieri.

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