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Giorno della Memoria: conoscere per ricordare. "Ci sono segnali preoccupanti"

27 Gennaio 2020

Cerimonie in tutta la provincia. Coinvolti molti giovani dentro e fuori dalla Prefettura (VIdeo)

di Raffaele Vitali

FERMO - “Occorre garantire un futuro alla Shoah, ma è possibile solo se ricordare equivale a conoscere”. La frase è di una studentessa dello Scientifico ed è il filo conduttore di questo 27 gennaio nel Fermano.

Si ricorda in ogni luogo. In piazza del popolo a Fermo ci sono i più piccoli, gli studenti dell’Isc Betti guidati dal dirigente. Una fiaccola viene accesa nel cuore della città, simbolo dei valori che non devono mai spegnersi. E una farfalla viene lealmente liberata, immagine di libertà e serenità. Il colpo d’occhio è incredibile e il sindaco Paolo Calcinaro bene fa a puntare il suo messaggio sullo studio, sul ‘sapere’, sul ricercare sempre la verità e il “non perdere il ricordo di qualcosa di neppur immaginabile oggi e che invece anche qui, nel nostro territorio, trasformò l’altro in un nemico”.

In contemporanea, in Prefettura, ci sono le autorità e gli studenti delle scuole Superiori chiamati a raccontare il loro Giorno della memoria e ad ascoltare le poche parole dei famigliari di chi quella violenza l’ha vissuta. Il prefetto Vincenza Filippi ha voluto parole e musica per non dimenticare.

Parole affidate agli alunni, m soprattutto al professor Castiglioni del liceo Classico che ha tenuto relazione introduttiva, la lezione di storia, una di quelle che ti fanno capire che c’è chi ancora è in grado di insegnare e far amare il passato per vivere meglio il presente: “Celebriamo i 75 anni della liberazione del campo di sterminio di Aushwitz quando i soldati russi varcarono i cancelli dominati dalla scritta ‘il lavoro rende liberi’. Oggi commemoriamo le vittime della deportazione, della persecuzione e dello stermino degli europei. Un’era in cui i reticolati metallici coprirono integrazione e condivisione” spiega il professore. Giusto partire da qui, dalla base, perché la memoria ha bisogno di certezze, di punti fermi.

“Memoria come valore condiviso. Abbiamo la consapevolezza di voler ricordare. La barbarie può solo apparentemente vincere, siamo riusciti a superarla. Sei milioni di vittime innocenti, padri, madri, intere generazioni cancellate dei loro sogni e desideri. Ma a distanza di 75 anni stiamo ricordando, consapevoli che non si deve più ripetere, che non può esistere un fuoco di intolleranza. Le scuole svolgono una funzione fondamentale” riprende il prefetto.

Anche perché man mano che passano gli anni chi ha vissuto quei momenti vengono meno. Ne sono rimasti tredici, tra cui Liliana Segre che ha visitato anche il campo di Servigliano e sta lottando con il senatore Verducci per farlo diventare monumento nazionale, e continuano a dare un messaggio di futuro alle nuove generazioni per dire no alla violenza e all’odio.

“Non muoio neanche se mi ammazzano. L’uomo è fatto così, il fuori si può comandare, ma dentro ce ne è un altro che non si comanda. E questo – scriveva Guareschi rivolgendosi al gerarca nazista – è la tua fregatura”. Le sue parole, nella baracca in cui venne rinchiuso a inizio del 1944, ancora riecheggiano. “Il dramma dello sterminio di un popolo – ribadisce il professore - è stato vissuto in realtà da singole persone. Dobbiamo restituire la dignità del singolo, cancellando quel numero con cui la macchina voleva cancellarli. Dobbiamo essere l’angelo della storia, spalle e ali verso il futuro, con il vento che lo spinge avanti, trascinato dal vento. Ma il suo sguardo è rivolto a chi è rimasto indietro e non ce l’ha fatta, quei sommersi di cui ha parlato Levi. E angeli della storia sono quelli che incastonano negli edifici dove vivono ebrei deportati delle pietre d’inciampo con nomi di chi ha perso la sua vita”.

Sono tante le parole che si potrebbero citare, ma quelle di Hannah Arendt non si possono dimenticare: ‘I carnefici del 20esimo secolo sono attuatori di procedure. Il male nasce dall’appiattimento delle coscienze, dalla riduzione dell’uomo a ingranaggio, a strumento cieco del macchinario della società totalitaria’. “Di fronte all’annientamento non resta che scegliere di esserci. Fedeli al sentimento, fedeli a se stessi, ai momenti migliori. Come diceva Rilke: nonostante tutto va tenuta attiva la fiamma pensante” conclude Castiglioni lasciando poi il microfono al presidente della consulta degli studenti che ha parlato di “memoria come antidoto all’indifferenza leggendo la poesia ‘Scarpette rosse’ di Joyce Lusso.

Toccante il momento finale, quello in cui i familiari dei due insigniti, purtroppo alla memoria, si sono alzati. Prima la famiglia di Umberto Cocciaretto, con le figlie Lucilla e Claudia. Per loro la medaglia d’onore in ricordo del padre, deportato dal 15 settembre 1943 al 13 settembre 1945. Poi i figli di Enrico Gini Silvestri, Alberto, Marina, Antonietta e Alessandro, che venne deportato in Germania dal 15 settembre 1943 al primo novembre 1945.

Degna chiusura di una giornata vissuta a Fermo, a Servigliano, a Pedaso e in tanti altri paesi della provincia, quella di monsignor Orazi: “Un autore inglese ironizzando su Tucidide e la storia maestra di vita scriveva: l’unica cosa che la storia può insegnare è che l’umanità da essa non ha mai imparato nulla. Facciamo in modo che questo non accada, lo dico ai giovani: l’umanità deve imparare da ciò che è avvenuto e non dimenticare mai. Oggi vediamo segnali non incoraggianti, occorre essere vigili e fare in modo che l’umanità dalla storia impari qualcosa”.

@raffaelevitali

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