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Fermo, mese rosa con le Infinitae: mostra da non perdere. "Dolore, paura, salvezza, vittoria e libertà: tutto nelle foto"

12 Ottobre 2025

FERMO – “Dobbiamo diventare capaci. Significa saper contenere l’impossibile, l’indicibile e l’infinito. Devi far succedere, non aver successo”. Alessandro Bergonzoni ha scritto queste parole che hanno ispirato il progetto dell’associazione Infinitae Odv presentato a Fermo in un gremito auditorium San Domenico. “E ci ha ringraziato con un messaggio per averle scelte” sottolinea Carla Chiaramoni, la dragonessa che ha condotto l’intenso pomeriggio tra parole e fotografie.

Le Infinitae si sono messe in cammino, tra incontri e confronti, cercando di allungare il filo rosso che intreccia le vite di tante donne colpite dal tumore al seno. Quel tumore che le ha fatte incontrare e rese, pian piano, più forti e unite.

Parte del progetto, tra supporto psicologico e scrittura creativa, sono Barbara Esperide, psiconcologa del Murri; Paolo Restuccia, scrittore e regista del ‘Ruggito de coniglio’ e fondatore della scuola Genius. Al fianco delle Infinitae ci sono anche le istituzioni.

Non poteva mancare il sindaco Paolo Calcinaro: “Ho visto nascere e crescere l’associazione. Grazie per quello che fate, è qualcosa di reale e che aiuta tutti a crescere e a rafforzarsi”. “Noi con la Commissione pari opportunità supportiamo l’associazionismo. Ci siamo e ci saremo per aiutarvi nella vostra attività” aggiunge il presidente della Provincia Michele Ortenzi che riprende la parola ‘capaci’ Michele Ortenzi: “Non si è mai soli, con la condivisione, le crepe e le fragilità, che ci sono in un percorso di malattia, poi si possono rimarginare. E voi siete il vero aiuto. Il vostro dragon boat è il simbolo di come si possa fare gruppo e si trovi l’acqua migliore”.

È emozionata Rachele Zeppilli: “Questo progetto è nato intimo, il 27 ottobre festeggiamo il secondo compleanno dell’associazione. Ci siamo ritrovate, un anno fa, per rafforzare la mission, il sostegno alle donne operate al seno. Ma per essere d’aiuto, bisogna essere più capaci, capaci nel saper essere e non solo nel fare. Ci siamo messe in gioco e abbiamo chiesto il primo aiuto alla dottoressa Esperide. Insieme abbiamo lavorato sulle fragilità e con la scrittura creativa abbiamo messo i nostri pensieri scoprendo che tutti possono scrivere”.

È poi arrivato il Fotocineclub che ha chiesto a nove Infinitae di raccontare le loro storie per poterle poi raccontare con i loro scatti, oggi in mostra. È nato un catalogo che rende permanente questo lavoro che la mostra per sette giorni permetterà di ammirare.

Oggi, queste donne “un po’ più capaci” affrontano la loro vita e lo fanno forti di quel gruppo che nel mese di ottobre si impegna ancora di più, perché il messaggio sulla prevenzione non si può mai dimenticare e perché bisogna trovare il coraggio di parlare di tumore nel modo giusto, “noi abbiamo scelto scrittura e fotografia, due mezzi che ti aiutano a circondarti di bello” conclude Zeppilli.

Il ruolo della psicologia

In prima linea la psiconcologa Esperide. “Ho proposto un laboratorio, un viaggio di tre serate a casa di una delle Infinitae. L’accoglienza calda è stata parte del percorso che ha puntato a costruire, ognuno a suo modo, un occhio rivolto verso sé stessi”.

Le dragonesse sono partite dal  ‘qui e ora’ del far parte di un’associazione. “Ognuna ha ricostruito la sua storia, la sua malattia e la sua vita. Non era scontato l’aprirsi il condividere le parti intime e ferite, dal corpo alla mente. Non ho incontrato la malattia, ma donne capaci di ascoltarsi e di rapportarsi”.

Secondo step con le carte dixit, carte evocative che permettono di proiettare loro stesse. “E poi il gomitolo rosso che ha permesso di intrecciare ognuna con l’altra. Un intreccio indistricabile, nessuno poteva più passare. È stato l’incrocio delle vite, nel segno del rispetto e di reciproca stima”.

Terzo step, le favole. Ognuna ne ha portato una per ripercorrere una narrazione rispetto alla propria storia partendo dai rapporti parentali. “Ho incontrato risorse e fragilità che hanno trovato la loro capacità trasformativa”.

La psiconcologa ha poi ricordato la prevenzione: “Non trascuriamo gli screening e l’attività fisica.  Da anni con dieci donne ci ritroviamo insieme, tutte donne operate al seno, e condividiamo anche le difficoltà che la malattia porta con sé. Il tutto è più della somma delle  singole parti, le Infinitae ne sono l’emblema, il sostegno che ognuna da all’altra è parte della cura, per superare quei rischi di depressione che colpiscono il20% delle pazienti oncologiche o la difficoltò di reinserimento”.

La scrittura creativa

Paolo Restuccia parte dalla definizione del dolore: “E’ difficile, come lo è definire la paura. Ricevendo il premio Nobel, il medico ha commentato: ‘Il cancro in futuro non farà più paura’. E da qui o cominciamo a pensare all’argomento di oggi”.

Il punto è che “nessuno sa quanto dolore o paura stai provando. Non posso comunicare la mia sofferenza, quantificarla. E lo stesso vale per la paura, chi può quantificarla? Neppure io stesso lo so di me. Da migliaia di anni la specie umana di fronte a ciò che non sa definire ha due strade. La prima è la scienza: le macchine che stabiliscono il livello di dolore. L’altra è l’arte, con cui raccontare paura e dolore. Quindi quando scriviamo cerchiamo di rappresentare al mondo qualcosa che non riusciremmo a fare con altri mezzi e non è detto che saremo capiti”.

Volete addirittura scrivere? Ha chiesto Restuccia a inizio laboratorio. “Voi donne, poi, sapendo che una sola donna ha vinto il Nobel, Grazia Deledda, ma perché donna e sarda non ne parla nessuno. E invece lo dico con forza: scrivete. Scrivere è un modo efficace per fare i conti con sé stessi. Si parla di scrittura terapeutica, di medicina narrativa. Non arrivo a questo, ma dico che scrivere, o suonare uno strumento o scattare foto, aiuta a pensare a noi stessi come una macchina con espressione. Lo dico anche agli anziani, cominciate a scrivere”.

La letteratura del resto ha sempre raccontato la paura, da Tolstoj alle Tre ciotole di Michal Murgia. “Leggendo chi ha paura, ci fa vergognare di meno di avere paura. In questo modo avremo meno difficoltà”.

 Mostra e catalogo

Nove fotografi, nove donne.  Monia Polini, una delle ‘modelle’, e Fabrizio Ferracuti, presidente del Fotocineclub Fermo, presentano il progetto.

taglio del nastro affidato all'assessora Micol Lanzidei: "Celebriamo la forza delle donne e la bellezza che protegge con la consapevolezza. Grazie alle Infinitae per oggi e per il percorso di ascolto di parole giuste e di immagini che parlano in silenzio. La mostra è un dono"

Nove fotografi per nove signore operate al seno "con la sfida di raccontare, attraverso il linguaggio del corpo e gli scatti, come hanno vissuto il tutto. Abbiamo cercato di raccontare le emozioni, dallo scoramento iniziale della diagnosi, fino alla gioia del superamento della malattia. Grazie a queto gruppo di splendide donne che si sono messe ‘metaforicamente’ a nudo. Seguendo l’insegnamento di Luigi Crocenzi, abbiamo creato il racconto fotografico che di Fermo è l’emblema, un modo che attraverso la successione di immagini trasmette e suggerisce qualcosa. Poi ognuno lo interpreta secondo la sua cultura”.

Il consiglio di Ferracuti ai visitatori è di “non correre nel visitare la mostra. Siamo bombardati da immagini, siamo assuefatti, noi guardiamo ma non vediamo. Sforzatevi per capire quello che c’è dietro ogni sequenza. La foto non deve essere bella, diceva Gianni Berengo Gardin, ma buona, deve comunicare e suscitare emozione, deve invogliare la persona che la guarda a ragionare e leggerci quello che con sensibilità può cogliere. Speriamo di esserci riusciti”.

Monia Polini si è presentata con la mascotte Lo Pena', lei che è la dragonessa immagine di copertina del catalogo. E si è messa  nudo, con le parole. “Sono una dele nove donne che ha avuto il privilegio di vivere il racconto fotografico che parte dalla malattia, passa per la consapevolezza e arriva alla vittoria. Un percorso che svela tre parole: salvezza, vittoria e libertà”.

Come tutte, quando ha detto sì al progetto non era pienamente consapevole, poi il coinvolgimento delle Infinitae ha dato la giusta forza. “Rivivere la malattia e rileggerla andando oltre il dolore. Non sono mancati i momenti difficili. I fotografi hanno saputo leggere, ascoltare e raccontare in maniera sincera quello che è stato il percorso” prosegue.

I fotografi (Casoni, Ferracuti, Moretti, Iacone, Ciarpella, Mongardini, Salvatori, Nasini, Angelini) hanno saputo entrare in punta di piedi nelle vita delle nove donne. Bravura tecnica e sensibilità.

Tutto questo si potrà ammirare, e forse capire, ammirando le fotografie alle piccole cisterne di Fermo. ogni giorno, due ore al mattino e due al pomeriggio, fino a domenica. Un’occasione da non perdere. “Oggi siamo tutte donne che non hanno più paure di mostrarsi, che hanno nelle loro cicatrici una forza e soprattutto la consapevolezza di aver vissuto e di avercela fatta”.

Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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