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Dazi, tutto quello che c'è da sapere: dall'accordo alle reazioni. L'obiettivo è salvare il vino

29 Luglio 2025

FERMO - L'accordo commerciale tra gli Stati Uniti e l'Unione europea prevede l'applicazione di un dazio generalizzato del 15% sulla quasi totalità delle esportazioni europee verso gli Stati Uniti, coprendo circa il 70% del valore complessivo degli scambi, pari a 380 miliardi di euro. La nuova tariffa sarà operativa dal primo agosto e sostituirà il sistema precedente, che includeva dazi multipli e sovrapposti, fino anche al 27,5% in alcuni settori come l'automotive.

BENE O MALE

Nelle Marche monta la preoccupazione. “Per attenuare gli effetti negativi per le 2.500 imprese esportatrici marchigiane e, più in generale per le imprese italiane, sono necessari sostegni e compensazioni” sottolinea Paolo Silenzi, presindete di Cna Marche.

Stando al centro studi regionale, l’intesa raggiunta non è soddisfacente. “Spero che torneremo presto a sederci al tavolo sull'export a Palazzo Chigi per un confronto su strumenti e criteri per mettere a disposizione del sistema delle imprese i 25 miliardi assicurati dal governo”.

Per le Marche gli Usa valgono l’8,9% dell’export. “Di cui il 20% ha riguardato gli articoli farmaceutici, seguiti dai prodotti della meccanica (19,5%) e da quelli della moda (14,6%.). Medicinali, apparecchi meccanici ed elettrici, mobili, calzature, armi e munizioni, articoli in cuoio, saponi e cosmetici, strumenti musicali, bevande e altri prodotti alimentari, frutta e ortaggi lavorati e conservati, articoli sportivi, gioielli” aggiunge Moreno Bordoni, segretario generale della Cna.

Il tutto vale in un anno 1,248 miliardi di euro. “L'export marchigiano verso gli Usa negli ultimi due anni si è più che dimezzato passando da 2,6 a 1,2 miliardi di euro, ma i dazi al 15% provocheranno effetti comunque molto pesanti per le nostre imprese, anche perché andranno a sommarsi al rafforzamento dell'euro sul dollaro del 13%. Alle vendite dirette - sostengono Silenzi e Bordoni - occorre sommare circa i flussi indiretti che in larga parte sono beni intermedi nei settori della meccanica e della moda dove è prevalente la presenza delle piccole imprese”.

L’ACCORDO 

 Il 15% è una soglia massima, comprensiva anche delle tariffe Mfn (Nazione più favorita, per una media del 4,8%), e rappresenta un tetto invalicabile per i prodotti Ue, almeno secondo l'interpretazione della Commissione.

Oltre a questa misura generalizzata, l'accordo prevede l'introduzione di uno schema di esenzione reciproca da dazi ("zero per zero") su una serie di prodotti strategici, tra cui aeromobili e relativi componenti, macchinari per semiconduttori, alcuni prodotti chimici, materie prime critiche e risorse naturali non disponibili negli Usa, come il sughero. Al momento, restano esclusi da questo elenco i vini e i superalcolici, su cui i negoziati sono ancora in corso.

A dire il vero per il vino non c’è grande ottimismo, da qui la preoccupazione dei produttori italiani. Alcuni settori, come la farmaceutica e i semiconduttori, sono attualmente esclusi dalla nuova tariffazione e restano a dazio zero.

La Commissione europea ha ottenuto l'impegno politico che, qualora venissero introdotti nuovi dazi in questi settori, non dovranno superare il 15%. Questo principio sarà applicato anche ad altri ambiti oggetto di eventuale revisione futura, come il legname, la cantieristica navale, che  un settore in grande crescita nelle Marche,  e le materie prime critiche.

L'Unione europea si è inoltre impegnata a ridurre le proprie tariffe su circa 70 miliardi di euro di importazioni dagli Stati Uniti. Le riduzioni riguarderanno principalmente prodotti agricoli non sensibili - tra cui noci, formaggi, pesce lavorato, bisonte e cibo per animali - e beni industriali come macchinari, fertilizzanti e veicoli. Per questi ultimi, è previsto l'azzeramento della tariffa attuale del 2,5%.

Sul piano energetico, l'accordo prevede un'intesa politica che porterà l'Unione a sostituire progressivamente le importazioni di gas e petrolio russi con forniture statunitensi. L'impegno prevede l'acquisto da parte europea di energia statunitense - inclusi gas naturale liquefatto, petrolio e combustibili nucleari - per un valore complessivo stimato in 750 miliardi di dollari durante la presidenza Trump.

La Commissione ha specificato che si tratta di un obiettivo realistico, basato su analisi dettagliate e sul potenziamento delle infrastrutture di importazione, pur ricordando che saranno le imprese private, e non le istituzioni europee, a effettuare materialmente gli acquisti. A questo si aggiunge un impegno europeo per nuovi investimenti nel mercato statunitense da parte di imprese europee, con un valore indicativo di 600 miliardi di dollari.

COLDIRETTI MARCHE

“L'accordo con tariffe al 15% è sicuramente migliorativo rispetto alle ipotesi iniziali ma questo nuovo assetto pone comunque l'agricoltura nell'incertezza e dovrà essere accompagnato da compensazioni europee per le filiere più penalizzate” commenta Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Marche.

“Per le Marche - ha ribadito - parliamo di un mercato, quello statunitense, che nel 2024 è stato di circa 50 milioni di euro, di cui 11 milioni solo dal settore vitivinicolo. Nel primo trimestre 2025, nonostante i proclami le esportazioni verso gli Usa sono rimaste più o meno invariate rispetto allo scorso anno. CI auguriamo che la Commissione Ue lavori per far rientrare, ad esempio, il vino tra i prodotti a dazio zero, altrimenti sarebbe pesantemente penalizzato”.

ACQUAROLI E RICCI

“L'Europa dovrebbe rivedere alcune norme sulle certificazioni per le imprese e sburocratizzare alcuni procedimenti. L'Europa può dare un supporto rimettendo mano ad alcuni schemi prestabiliti e destinando risorse per potenziare le strategie di internazionalizzazione e supportare quello che è il mancato introito con il nuovo schema dei dazi" commenta il presiidente della regione Marche, Francesco Acquaroli.

"Sarebbe utile e interessante capire quanto le politiche europee abbiano pesato negativamente sulla competitività e sull'aumento del costo della produzione delle nostre imprese marchigiane e italiane. Penso che - aggiunge - la burocrazia riversata addosso alle imprese possa essere un elemento di discussione interno all'Ue e al nostro ambito politico, senza confrontarci con altri Stati esterni all'Ue”.

Lettura diversa per l’europarlamentare Matteo Ricci: “Non è un accordo, ma una sconfitta per l'Europa e per l'Italia, che si dimostrano dei governi deboli nei confronti degli Stati Uniti. È un danno insostenibile per le nostre imprese. Serve un piano strategico subito, che aiuti le imprese ad aprirsi su nuovi mercati. C'è in gioco il futuro economico delle Marche e di tutta l'Italia”.

CONFINDUSTRIA

Non usa giri di parole Emanuele Orsini: “L'Europa ha preso una sberla. Ora deve mostrare di saper reagire, come è riuscita a fare dopo il Covid, compensando le imprese colpite, aprendo nuovi mercati e mettendo davvero l'industria al centro con un piano straordinario. Se ai dazi si somma pure la svalutazione del dollaro rispetto all'euro, che è del 12-13% dall'inizio dell'anno e in prospettiva potrebbe arrivare al 20, il problema per noi diventa enorme”.

Confindustria ha stimato 22,6 miliardi di euro di minori vendite negli Stati Uniti. “L'impatto più importante sarebbe per i settori dei macchinari, della farmaceutica e dell'alimentare, e poi a scendere per tutti gli altri, ma per l'Italia non è uno scenario da recessione”. Questo perché l’export globale è di 600 miliardi. “Ma senza una reazione significherebbe restare fermi a una crescita da zero virgola. Serve un piano straordinario europeo per l'industria, che abbatta i dazi interni della burocrazia e, come ha raccomandato Draghi nel suo rapporto, mobiliti investimenti in deroga al patto di stabilità, come è stato fatto per la difesa”.

Su un altro punto Orsini è chiaro: Non sono d’accordo con il Governo che pensa di usare l risorse del Pnrr per bilanciare i mancati introiti, quelle vanno usate per gli investimenti in industria e produttività. La Zes unica per il Mezzogiorno è il modello: uno stanziamento di risorse pubbliche per 4,8 miliardi negli ultimi due anni ha generato investimenti privati da parte delle imprese per 28, con 35 mila posti di lavoro - conclude - Questa è la parte di risposta che ci aspettiamo dall'Italia, interventi per aiutare a crescere un tessuto produttivo che oggi è composto ancora per il 94% da medie e piccole imprese. Le compensazioni per i dazi invece devono venire dall'Europa”.

Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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