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"Dal campo alla tavola" L'emergenza non ferma la Valdaso. Maivo e Rasoterra, storie di giovani e di qualità

11 Aprile 2020

di Raffaele Vitali

LAPEDONA/MORESCO - Giovani, dinamici, volenterosi e con una fortuna data dalla natura: vivono lungo la Valdaso, un lembo di terra dove frutta, verdura e fiori crescono baciati dal sole, tra la brezza del mare e la protezione dei Sibillini. Due storie diverse per quanto simili quelle di Rasoterra e Maivo. Da un lato una coppia, Isabella e Yuri, dall’altra due amici, Matteo e Alessandro, con l’aggiunta di un nonno Ivo. Ad unirli non è solo la produzione, ma anche la scelta di essere vicini ai clienti consegnando a casa, chi con cassette, chi con cestini, i prodotti direttamente dal campo. Anche oggi in tempo di coronavirus, anche se con metodi differenti e con la perdita del rapporto diretto, quel contatto che rende anche un ceppo d’insalata diverso.

RASOTERRA (Lapedona)

“Quattro anni fa il cambio di marcia con l’acquisto della nostra casa, diventata azienda. Abbiamo partecipato all’asta pubblica del comune di Lapedona e abbiamo vinto. Era un’ex scuola, poi diventata fabbrica da dieci anni senza utilizzo” spiega Isabella che da architetto l’ha resa ecosostenibile. “Pronta la casa abbiamo trasferito l’azienda agricola, nata in realtà dieci anni fa. Abbiamo comprato dei terreni e abbiamo ampliato la riduzione, trovando anche legami con aziende vicine”.

I clienti sono “quelli che riusciamo a gestire”: una quarantina di famiglie, da Grottammare a Pedaso, 4-5 botteghe, da quella di Michele ad Altidona servita tutti i giorni con prodotti freschi, a quelle di Montegranaro, Monte San Pietrangeli e Campiglione. Per Rasoterra anche dei ristoratori, “ovviamente ora non consegniamo più”, incluso il bar del Corso di Altidona. “A causa del Coronavirus è cresciuta molto la richiesta sul territorio, nei comuni vicini, e abbiamo interrotto le consegne più lontane. Ma dopo Pasqua speriamo di riuscire a organizzarci per raggiungere anche la Riviera delle Palme” aggiunge Yuri, affiancato in questi giorni di lavoro dal padre.

Isabella e Yuri non sono solo due imprenditori agricoli, sono anche i custodi dei semi della cipolla rossa di Pedaso: “Questo doveva essere l’anno del riconoscimento di presidio Slow Food (su cui lavora da tempo il fiduciario Paolo Concetti, ndr), ma slitterà nel 2021, come l’apertura del nostro B&B”. L’impatto del Covid ha cambiato anche il lavoro: “Noi siamo partner di un progetto di educazione ambientale che prevedeva per l’azienda di ospitare due giovani che avrebbero lavorato sei ore al giorno nei campi. E invece, il Corona ha bloccato l’arrivo. Abbiamo fatto un post su facebook, precisando che era un lavoro duro perchP piantare le cipolle richiede di stare molto piegati, e in poche ore abbiamo avuto 60 offerte. Solo che ce ne bastavano due di collaboratori. Hanno chiamato tutti italiani, tranne un ragazzo del Camerun, molti che di solito lavorano nei ristoranti ed erano pronti a convertirsi”.

E così la raccolta va avanti nei tre ettari a disposizione, con la consegna a domicilio che parte alle 18. “Cosa ci richiedono? Noi consegniamo due tipi di cassette, una piccola e una media. Le persone possono scegliere se qualche prodotto all’interno non è d’interesse e lo cambiamo, ma sono standard. In questi giorni piacciono molto le erbe trovate, sarà la voglia di cucinare”. Dal campo alla tavola, “noi raccogliamo e sciacquiamo”, questo è il segreto e se non si ha tutto a disposizione si alza il telefono e si chiama l’azienda vicina “con cui capita anche che ordiniamo insieme la frutta, magari le arance che inseriamo nelle cassette. La rete è fondamentale, non siamo concorrenti, siamo tutti parte della stessa natura”.

MAIVO (Piane di Moresco)

La distesa dei campi domina la Valdaso, in mezzo con gli scarponi impolverati ci sono Matteo Malavolta, appassionato fin da piccolo, e Alessandro Mecozzi, figlio d’arte. “Da tre anni abbiamo avviato la nostra attività, partendo da un metodo di coltivazione personalizzato che ha il suo punto di forza in una certezza: produciamo e consegniamo, senza intermediari, senza celle frigorifere, senza rincari se non quelli da lavoro” spiega Matteo mentre Alessandro continua a muoversi per il campo. Il loro marchio di fabbrica, dall’inizio, è un cestino “che portiamo pieno e riprendiamo la settimana dopo vuoto”. Ma il Coronavirus ha modificato anche questo. “Dobbiamo usare cassettine usa e getta e abbiamo creato delle card che le persone possono usare per la spesa in modo da evitare anche lo scambio di soldi”.

Sono oltre 200 i clienti serviti ogni settimana, da Porto D’Ascoli a Civitanova Marche. “Nessun ristorante o bottega per ora, è la sfida del futuro su cui stiamo lavorando. Ma prima vogliamo creare una linea mirata in modo da poter permettere alla parte domiciliare di proseguire senza intoppi”. Il sistema Maivo è semplice, una lista settimanale e poi un messaggino sul cellualre che spiega esattamente il prodotto consegnabile in due momenti del giorno, ora di pranzo o dopo le 19.

“Con le persone a casa le richieste crescono, ma il campo non è che produce di più perché le persone chiamano, per cui qualcuno resta in attesa”. Per loro il core business è la verdura, “poi abbiamo una produzione di pesche in una zona collinare. Non si può fare tutto nello stesso posto – precisano – e non si può fare sempre. Una delle grandi sfide è stata proprio quella dell’educazione alimentare del cliente, non è facile far capire che un pomodoro si mangia a luglio e magari no ad aprile. La natura non è stupida, ci dà quello che ci serve. Se uno vuole mangiare locale, i tempi sono diversi da quello che si immagina”.

@raffaelevitali

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