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Coronavirus e fashion, indagine di Vogue Business: consegne in ritardo, più e-commerce

10 Febbraio 2020

La stilista Anna Yang: "Le vendite al dettaglio diminuiranno di circa il 50% nel primo trimestre di quest'anno".

FERMO – Trema il lusso. E se trema chi guida il mercato, facile capire i timori di chi il motore aiuta a mantenerlo acceso. Il coronavirus è sempre più incalcolabile. L'Organizzazione Mondiale della Sanità sta aggiornando quotidianamente l'andamento del Coronavirus (clicca e leggi).

Stando ai numeri, la maggioranza dei casi di contagio e' circoscritta alla Cina, un Paese che allo stato attuale rappresenta il più grande produttore ed esportatore di tessile a livello mondiale. Solo nel 2018 il giro di affari è stato di 119 miliardi di dollari, il 37,6% del mercato in questione. In particolare, è Hong Kong a risentire maggiormente dell'effetto Coronavirus perché molto dipendente dal territorio cinese. Rinomata per lo shopping del lusso, la Regione si è trovata a chiudere punti vendita e a sospendere servizi ferroviari e aerei dalla terraferma, accumulando così una perdita di circa 2 miliardi di dollari.

Una indagine di Vogue Business aumenta i dubbi. La rivista ha contattato oltre 25 tra compagnie, organizzazioni e analisti, per capire come l'allarme stia influenzando l'industria del fashion a livello globale e se i differenti brands stiano già pianificando delle strategie di reazione. Sul magazine il lungo report, questi alcuni stralci: 1. Se la pandemia verrà debellata nel giro di pochi mesi, i brands di lusso (quelli con buoni margini di profitto), saranno in grado di fronteggiare questi pochi mesi di instabilità del mercato riducendo la produzione. 2. Ritardi nella consegna degli ordini ai clienti. Gli stabilimenti hanno allungato la chiusura prevista per il Capodanno Cinese e quindi questo si tradurrà ben presto in ritardi nelle consegne che riguarderanno clienti, negozianti e fornitura di materie prime. I brands che hanno multiple delocalizzazioni potranno riallocare in altre regioni gli ordini destinati alla Cina. 3. Incremento dell'e-commerce con maggior peso per Alibaba, Taobao, JD.com. La Cina e' gia' leader nell'e-commerce con vendite che si aggiravano nel 2019 intorno a 1.5 trilioni di dollari (secondo il report Mc-Kinsey). A seguito delle restrizioni di viaggio da parte del governo cinese per oltre 60 milioni di cittadini, ci si aspetta un incremento ancora maggiore degli acquisti online. E questo potrebbe essere un passaggio penalizzante per le imprese marchigiane, non fortissime sull’online.

Tradotto in termini pratici, secodno Anna Yang, fondatrice di Annakiki, “tutte le vendite al dettaglio diminuiranno del 50% nel primo trimestre di quest'anno. Ma nonostante questo non rinunciamo alla Fashion Week di Milano”. E questo nonostante le defezioni di molti colleghi, buyer e influencer che resteranno a Shenzhen, Pechino e Wuhan. Il brand, che conta una quarantina di dipendenti che lavorano a tempo pieno, oltre al team di vendita, ha deciso di adottare "nuove misure per permettere al personale di lavorare a casa ed evitare rischi legati al contagio. Nel mentre abbiamo donato ciò che potevamo per l'acquisto di attrezzature mediche e per supportare i medici che si trovano in prima linea - spiega la stilista -. Tutto quello che possiamo fare ora è aiutare queste persone che lavorano con coraggio e dedizione per il nostro popolo e il nostro Paese". Innegabili secondo la stilista i disagi.

"Tutti quelli che producono in Cina in questo momento subiranno dei ritardi nelle consegne. Tutte le attività commerciali, alimentari e di ristorazione legate alla vendita al dettaglio stanno andando molto male e lo stanno facendo molto rapidamente - ammette -. Le istituzioni e i settori privati fanno di tutto per aiutarsi l'un l'altro e attraversare questo periodo difficile. Credo sia ragionevole presumere che tutte le vendite al dettaglio diminuiranno di circa il 50% nel primo trimestre di quest'anno. L'effetto del virus si toccherà con mano tra circa una settimana, quando un migliaio tra buyer, giornalisti e addetti lavori cinesi non saranno fisicamente presenti alla settimana della moda di Milano. Per loro la Camera della Moda ha pensato all'iniziativa 'China we are with you', una campagna che racconterà, attraverso la tecnologia, le sfilate, il backstage e le interviste in tempo reale.

Raffaele Vitali

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