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Come corre Rimini: la VL Pesaro dura dieci minuti, poi scheggia ferri. Tomassini e Pollone la seppelliscono

26 Ottobre 2025

RIMINI – Un ventello che fa male (86-65). Pesaro a Rimini subisce una dura lezione frutto di un attacco macchinoso e impreciso, di una difesa lenta, soprattutto tra gli esterni, e di una impotenza fisica fino a oggi mai mostrata in campionato. Capita in una stagione in cui tutti continuano a vincere e perdere con tutti. E infatti, Pesaro resta prima in classifica e con questa piccola buona notizia tornerà in palestra per preparare il big match di mercoledì sera contro Pistoia.

LA PARTITA

Primo vero avversario a centro area, prime difficoltà difensive. Fatica Pesaro a prendere le misure a Simioni, pesante e tecnico pivot di Rimini. Leka si gioca la carta Miniotas tiratore, mai visto fino a oggi. Una tripla illude, poi due pali e il lituano torna a giocare vicino al pitturato. Dove si trova alla perfezione con Maretto, i due si scambiano un paio di assist che tengono il match in equilibrio. Peccato che Miniotas poi sbagli facili appoggi.

Una folata di Marini rende più dolce il momento magico di Tambone, che resta l’americano aggiunto della Victoria Libertas (21-18 dopo 10 minuti).

Il secondo quarto illude, perché si apre con la tripla di Bertini. Da quel momento, solo Rimini in campo per cinque minuti. Camara diventa il fattore, perché quando Pesaro punta il ferro si trova le lunghe braccia del pivot a oscurare la vista. Errori in serie che poi diventano rapide azioni offensive di Rimini, concluse con una precisione chirurgica da Pollone, tre bombe in un amen.

Non ci ha capito molto la VL, che per 20 minuti, tolto un assist non ha nulla da Miniotas e meno di nulla dagli altri pivot. Fainke, messo in campo per disperazione da Leka che vede i suoi subire fisicamente ogni possesso, commette tre falli in tre minuti, l’ultimo perdendo Camara in mezzo all’area dopo mezza finta.

Quirino De Laurentiis fa peggio, perché sbaglia due appoggi da trenta centimetri che diventano poi contropiedi di Rimini (11/30 da due alla fine per i pesaresi).

I romagnoli segnano canestri facili, quasi sempre frutto di una penetrazione non tenuta dai piccoli di Pesaro, che porta a un aiuto e di conseguenza a uno scarico per il pivot, libero in mezzo all’area, o per l’esterno piazzato sulla linea da tre punti.

Sembra giocare a memoria la squadra di Dell’Agnello, non trova equilibrio quella di Leka che sperimenta per due quarti dei quintetti, senza trovare quello giusto per fermare Rimini. A livello di attacco, tutto sommato, i biancorossi non demeritano, al differenza è che da liberi i giocatori di Rimini segnano, quelli di Pesaro, da Bucarelli a Trucchetti, purtroppo no. Spiegato così il 48-21 al 20esimo, con gli ospiti surclassati in ogni voce, dall’imbarazzante 3/12 da due punti alle dieci palle perse fino alla debacle a rimbalzo, 25 a 14.

LA FINTA RIMONTA

Il piano di Dell’Agnello diventa evidente a inizio terzo quarto: battezzare Miniotas in modo da non fargli prendere posizione spalle a canestro, dove in ogni caso si trova a fare a sportellate con giocatori più grossi di lui. La fotografia del match è la transizione di Rimini che segna il +25 (57-32). Un’azione da studiare che nasce da una difesa perfetta di Ogden su Virginio, che perde palla e apre al contropiede che si chiude con il rimorchio di Simioni. Ti aspetti il time out di Leka, ma il coach si accontenta del cambio di Virginio con Bertini.

Chi il time out lo chiama subito è Dell’Agnello di fronte al break di sette punti a zero dei pesaresi. Non che rimini ricomincia a giocare meglio, ma nella bolgia c’è sempre chi trova il modo di guadagnarci. Sembrava potesse essere Bertini l’uomo della rimonta, da solo porta la VL a -11, ma il vero eroe è De Negri che  trasforma palle vaganti in assist e canestri che fanno piombare gli ospiti a meno venti, aiutato da Ogden, l’americano silenzioso che ha colpito quando serviva.

Anche nel terzo quarto prosegue l’abulia dei lunghi: l’errore di De Laurentiis da sotto canestro sul 63-48 non merita righe di commento. Come non lo merita la palla persa con tecnico a seguire di Bucarelli arrivato dopo la tripla a segno di Bertini.

Iniziare l’ultimo periodo sul 70-50, dopo aver prosciugato ogni energia nel tre minuti centrali che hanno illuso tutti, è quanto di peggio potesse chiedere Leka per i suoi giocatori. Se Marini non sbagliasse una serie incredibile di tiri da completamente libero, quindi ben costruiti, la partita sarebbe finita molto prima. Anche perché l’ennesima difesa di Camara, che stoppa questa volta Tambone, rende davvero difficile ogni attacco di Pesaro, vedi l’appoggio successivo di Miniotas sul ferro.

TUTTO DA RIFARE

Un match complicato in cui spiccano le tante palle perse e i rimbalzi subiti, oltre che la poca lucidità nel reggere il ritmo forsennato di Rimini. Per la difesa, Rimini ha sei uomini in doppia cifra, parlano i trenta secondi di Tomassini a metà quarto periodo: tripla a segno seguita da una penetrazione, non contenuta da Bucarelli, che costringe Virginio ad aiutare, lasciando così libero Pollone, il cecchino che Tomassini vede e serve con precisione: game, set and match. Resta la buona prova di Bertini e la giustificazione, ovvero l’assenza di Felder, il play americano di cui Pesaro ha davvero bisogno.

Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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