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Bell porta l'arte contemporanea nel regno di Rubens. Galletti: "In quello scatolone c'è il senso di una nuova comunità"

3 Marzo 2023

di Raffaele Vitali

FERMO - E poi, all’improvviso, entrando nella sala del Rubens della pinacoteca di Fermo, l’occhio si ferma su uno scatolone. Ad averlo creato sono gli artisti Vedovamazzei, un duo artistico che con l’opera Bell hanno rielaborato il concetto di comunità.

Fermo ha vinto con il suo progetto un bando del ministero della Cultura, conquistato da questa idea di portare l’arte contemporanea in mezzo al romanico e al seicento. Un perno di questo percorso è proprio nelle opere di Vedovamazzei. Che hanno deciso di realizzare ‘Bell’ alla città.

“Quando sono arrivati a Fermo per conoscere la città, sono rimasti incantati da un manufatto che resta un po’ in disparte, una campana del 18esimo secolo. È uno dei simboli della comunità che gli artisti di Vedovamazzei hanno rivisitato in quel pacco, segno del reale e tangibile durante la pandemia” spiega la curatrice del progetto Matilde Galletti, una sangiorgese che si muove da anni nel mondo, con Milano e l’accademia di Brera al centro.

Il messaggio è semplice quanto impattante: le scatole durante la pandemia ci hanno reso di nuovo comunità, ci hanno unito e aiutato. “Sotto lockdown non c’era incontro, ma ci univa l’attesa del pacco. La consegna dell’oggetto desiderato che ha creato una nuova comunità” prosegue la Galletti.

Guardando l’opera con attenzione, sembra un normale scatolone di Amazon, ma al posto della scritta della compagnia ci sono le frasi incise sulla campana settecentesca: il nome della persona che l’ha fatta realizzare, il nome del fornitore e poi ci sono dei simboli dell’epoca e altri tipici dei pacchi. Non è di cartone ma è bronzo, che garantisce lo stesso concetto di vuoto, ma è in realtà arte contemporanea.

Oltre all’opera donata, c’è una piccola mostra di pezzi realizzati in epoche diverse da Vedovamazzei. Al posto del Rubens è arrivato il Rembrandt. “Un autoritratto realizzato come se avesse 7-8 anni. Loro giocano molto sull’idea dell’artista che potrebbe esserlo anche da piccolo. Immaginando come i bambini realizzano oggi un’opera di Rembrandt, loro l’hanno pensata come se l’avesse fatta lui da piccolo” spiega Sara Bernetti, guida di Fermo Musei.

“L’opera è stata progettata un anno fa. Gli artisti sono rimasti incantanti dalla campana che era un po’ in disparte. Abbiamo avviato studi e abbiamo scoperto che non era del palazzo dei priori, ma destinata a qualche edificio sacro della provincia. Uno studio che proseguiremo” ribadisce la Galletti.

Che è rimasta subito conquistata dall’idea del duo napoletano: “Le consegne a domicilio erano l’unico segno dell’esistenza dell’altro, reale e tangibile. Tra dad, smart working e il parlarsi online, tuto era diventato complicato, perché l’uomo nasce bidimensionale. Mentre le scatole portano la terza dimensione che ci ha unito, racchiudono un dono e una volta aperte vengono gettate”. E questo potrebbe sembrare anche triste, ma se c’è una cosa che l’arte contemporanea non nasconde è anche questa realtà dei sentimenti.

“La nostra vita deve essere anche triste, va accettata e dobbiamo imparare a sopravvivere alle tristezze. Gli artisti degli anni 90 hanno reintrodotto la quotidiana sofferenza che però se condivisa e vissuta con spirito empatico di comunità può diventare meno pesante. Cogliamo al tristezza e facciamone un motivo di forza” prosegue.

Tutto questo è piaciuto a tal punto, che Fermo e il suo progetto sono stati premiati dal ministero, quasi inaspettatamente: “Già avviare una collezione di arte contemporanea in un luogo periferico sembrava abbastanza, abbiamo osato e siamo stati premiati. Tra l‘altro questo progetto non si chiude con il bando, ha dietro una visione: far entrare l’arte contemporanea in punta di piedi in quello che è una persistenza storica ben determinata. L’idea è di provare negli anni ad accogliere degli artisti che possono dialogare e far riscoprire agli altri quello che c’è a Fermo è stato importante e vincente”.

Paolo Volponi, ricorda durante l’intervista il collega del Tg3, amava dire, parlando di Fermo e Urbino, le sue due città del cuore, “che i luoghi periferici guardano verso le grandi città, ma mantengono la loro forza attrattiva anche per gli intellettuali e i giovani”.

E così fa Matilde Galletti: “Posso respirare e agire in modo diverso quando sono a Milano insegno, vedo mostre, studi d’artista e seguo quello che accade. Nelle Marche tutto quello che immagazzino può poi essere donato agli altri. C’è lo spazio giusto per agire, la cultura si deve spostare e non deve essere sempre e solo diretta a luoghi più facili. La cultura - conclude la curatrice - può incantare chiunque. Il mio primo obiettivo è far interessare a un oggetto molto semplice anche chi no ci aspettiamo”. Lo scatolone, da oggi in poi, ci proverà tra uno sguardo al Rubens uno al Baciccio.

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Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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