di Aaron Pettinari
SANT'ELPIDIO A MARE – “Il bacino del Chienti è inquinato, ma c'è chi vuole far finta di non vedere”. È la denuncia del Comitato del Basso Bacino del Chienti, rappresentato dal medico Paolo Maria Squadroni, dall'avvocato Massimo Luzi e da Domenico Bevilacqua, che negli anni passati avevano presentato più esposti alle Procure di Fermo e Macerata, affinché potessero essere compiuti degli accertamenti e si potesse verificare le eventuali responsabilità di “omissione di bonifica” nonostante gli allarmi sul punto siano stati lanciati sin dai primi anni Novanta.
“Nel 1992 – hanno ricordato durante una conferenza stampa - fu scoperto un inquinamento importante dato da solventi per suole di calzature che interessa i comuni di Morrovalle, Montecosaro, Civitanova Marche, Porto Sant’Elpidio e Sant'Elpidio a Mare. Venne evidenziata un'area di 12 ettari in mare e una di 26 km a terra con queste sostanze. Nel 2016 si era interessata del caso anche la Commissione Parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e al termine delle indagini veniva tracciato un quadro di inazione da parte della pubblica amministrazione riguardo l'individuazione e la punizione dei soggetti inquinati e la bonifica delle are inquinate”.
Nel 2014 quelle aree, che prima erano Siti di interesse Nazionali, sono state declassate a Sir, per una gestione che a quel punto è divenuta di tipo regionale. A destare preoccupazione, nel Comitato, è l'emergere di alcuni studi epidemiologici (come il Progetto Sentieri dell'Istituto Superiore di Sanità, effettuato nel 2023) per cui nelle zone perimetrate dal sito (dove si stima una popolazione di circa 10mila abitanti) “vi sarebbe un eccesso di mortalità e ospedalizzazioni per tumori rispetto alla media regionale/nazionale”.
Anche da qui singolarmente erano state presentate le denunce. Se a Macerata un primo procedimento non aveva trovato sbocco, ed un secondo è ancora in fase di indagine, il 25 settembre il Gip di Fermo Teresina Pepe, accogliendo la richiesta della Procura, ha archiviato il procedimento.
Ma il comitato non ci sta.
“Il fascicolo era stato aperto a modello 45, cioè per gli esposti senza notizie di reato. Negli esposti sono state prodotte tonnellate di documentazioni ed erano stati messi in evidenza tutta una serie di punti, molto circostanziati, ma di fatto le indagini non sono state fatte con accertamenti risibili - dice l'avvocato Massimo Luzi – Sono solo stati chiesti dei pareri all'Arpam, che pure conferma l'inquinamento sistemico, per poi dire che qualche parte è stata già oggetto di bonifica per esigenze di costruzioni ed interventi in quei luoghi".
Il pm ha dunque chiesto l'archiviazione "ma ci siamo opposti proprio perché il dato dell'inquinamento veniva accertato e avremmo comunque voluto quantomeno lo svolgimento di ulteriori indagini. Viene stravolto il senso del diritto dei cittadini. Si fa riferimento alla presenza di più ambiti territoriali, come se non si potesse intervenire.
Viene chiesto a noi di individuare chi avrebbe commesso il reato nel corso degli anni, quando noi mettiamo in evidenza un fatto, provato documentalmente e scientificamente, ovvero la presenza di inquinamento e la mancata risoluzione del problema nella valle del Chienti. Per ragioni politiche sono passati trent'anni, non è stato individuato il responsabile quindi a cascata, secondo il codice dell'ambiente il Comune o la Provincia dovevano provvedere. Quindi la notizia criminis è stata sempre indicata ed in un certo senso anche gli eventuali responsabili”.
Il Comitato denuncia anche un certo lassismo da parte della politica che sul fronte maceratese è intervenuto promuovendo tavoli tecnici o addirittura chiedendo agli stessi privati o alle imprese che si trovano nell'area, pur non essendo loro ad aver causato il danno ambientale, di intervenire con propri fondi per la messa in sicurezza. “Ogni volta che si fanno dei lavori, come è avvenuto per la realizzazione dei ponti, ecco che si è dovuto procedere alla caratterizzazione. Ma non è così che si risolve il problema” aggiunge Bevilacqua.
“Adesso è giunto il momento di far sentire forte la voce – conclude il Presidente Paolo Maria Squadroni – Il Rapporto Sentieri mostra dati terrificanti ed è necessario intervenire ora. Vengono segnalate malattie gravissime ed è scritto nei dati del Ministero della Salute. La gente deve conoscere i motivi per cui la giustizia non va avanti, archiviando i nostri esposti. Sulla condotta omissiva delle istituzioni, Comuni, Province e Regione Marche, parla la Commissione parlamentare di inchiesta. Quella relazione venne letta nell'aula consiliare della Regione Marche. Perché nessuno indagò e accolse quelle conclusioni? Le giunte successive si sono tutte disinteressate. Ed il silenzio è grave anche oggi”.
Per questo il Comitato propone nel territorio dei cinque comuni coinvolti (Civitanova Marche, Montecosaro, Morrovalle, P.S.Elpidio e Sant'Elpidio a Mare) l'avvio di campagne di analisi per comprendere se, oltre allo storico inquinamento da solventi per suole di calzature, vi siano altri inquinamenti, in corso o passati. Infatti lo Studio Sentieri 6, dell'aprile 2023 ipotizzava una "variazione di fenomeni che la metodologia di Sentieri non consente di mettere in luce e quantificare".
Serve l'avvio di una campagna di informazione ai residenti e di controllo dei siti inquinati già censiti per determinare realmente cosa sia accaduto negli anni e come siano messi attualmente. Infine è urgente l'avvio della Conferenza dei servizi fra le amministrazioni dei Comuni, le due Province e la Regione Marche, come prevede il codice dell'Ambiente.