di Raffaele Vitali
"Il segno che spero di lasciare è fatto di impegno, rispetto e attenzione per le persone e per la realtà. È da lì che tutto comincia". Se ne va così Giorgio Armani, con questo post sui suoi social che profuma di testamento spirituale. Ma per chi lo conosceva è semplicemente il riassunto del suo modo di vivere.
La notizia ha colto di sorpresa il mondo non solo della moda, perché Armani con i suoi 8700 dipendenti era semplicemente il re del made in Italy, il simbolo di un paese amato nel mondo. Anche grazie ai suoi capi di abbigliamento esclusivi e iconici.
Giorgio Armani era nato a Piacenza l'11 luglio del 1934, ma è milanese d'adozione. Dopo il liceo e un breve percorso universitario in Medicina, inizia ad avvicinarsi alla moda, prima come vetrinista alla Rinascente. Poi, la svolta: l'ingresso nello staff di Nino Cerruti gli permette di sviluppare la sua idea di stile che si concretizza nel 1975 quando fonda la Giorgio Armani S.p.a. (foto antennasud.com).
In principio ci furono una giacca sfoderata e un paio di pantaloni morbidi. È l’inizio di quello stile prêt-à-porter italiano che la moda inizia ad amare e invidiare. Lui è lo stilista che vive l'uomo di ogni giorno, non parla all’alta moda. È una crescita razionale, passo dopo passo, fino a quando non arriva il successo internazionale con il film American Gigolò e la copertina di Time nel 1982.
A colpire non fu soltanto la trama o la performance di Gere, ma soprattutto il suo guardaroba. Linee pulite, tessuti leggeri, colori neutri e uno stile che abbandonava la rigidità della sartoria tradizionale per abbracciare un'eleganza più fluida e sensuale: era nata la giacca destrutturata, cifra stilistica di Armani. E fu proprio Gere, con la sua presenza magnetica, a renderla iconica. Il completo grigio perla indossato dall'attore, aderente, ma mai costrittivo, è diventato negli anni un simbolo di raffinatezza senza tempo, al punto da essere ribattezzato "American Gigolo's suit".
Armani vide esplodere il proprio mito a livello internazionale. E da allora, nulla fu più come prima: la moda maschile aveva trovato una nuova voce, e Hollywood aveva trovato il suo nuovo ambasciatore dell'eleganza. In un solo film, due icone nacquero definitivamente: Richard Gere e Giorgio Armani. Uno davanti alla macchina da presa, l'altro dietro le quinte, ma entrambi protagonisti della stessa rivoluzione di stile. Cinema anche ha continuato ad amarlo: “È stato uno degli imperatori italiani della moda. Addio Giorgio Armani, non sarai mai dimenticato” il messaggio di stima di Anne Hathaway.
Pochi giorni fa, l’ultima intervista, rilasciata al Financial Times. Parole che oggi sembrano più ponderate: “I miei piani di successione consistono in un graduale passaggio dei ruoli di responsabilità che ho sempre ricoperto a chi mi è più vicino, come Leo Dell'Orco, i membri della mia famiglia e l'intero team di lavoro. Vorrei che la successione fosse organica e non un momento di rottura”.
Al quotidiano economico numero uno al mondo si era raccontato in maniera quasi intima, mentre a Milano stava recuperando dopo una malattia che l’aveva costretto a perdersi alcune delel più importanti sfilate estive. “Ho supervisionato ogni aspetto della sfilata da remoto tramite collegamento video, dalle prove alla sequenza e al trucco. Tutto ciò che vedrete è stato fatto sotto la mia direzione e ha la mia approvazione»” aveva ribadito.
Questo era re Giorgio, un uomo che teneva il controllo: “Sebbene la mia mentalità sia ben lontana dalla volatilità occasionalmente frenetica della moda, non mi piace particolarmente l'idea di essere etichettato come anti-moda. Piuttosto - raccontava - la mia è una posizione in cui lo stile prevale sulle tendenze fugaci che cambiano senza motivo. Se ciò che ho creato 50 anni fa è ancora apprezzato da un pubblico che all'epoca non era nemmeno nato, questa è la ricompensa più grande. Il mio obiettivo all'inizio era affermare la mia visione e vestire le persone - aveva proseguito -. In un certo senso, l'idea è rimasta la stessa anche oggi”.
Un appassionato della pallacanestro e un lavoratore instancabile, anche questo era Armani. “Non mi piace definirmi stacanovista, ma il duro lavoro è certamente essenziale per il successo. Il mio unico rimpianto nella vita è stato quello di aver trascorso troppe ore a lavorare e non abbastanza tempo con amici e familiari”.
Le reazioni alla notizia della sua morte sono state centinaia. “Giorgio Armani ha plasmato la moda contemporanea ridefinendone i confini e creando un concetto di lifestyle riconosciuto e ammirato in tutto il mondo, affermando anche il Made in Italy come sinonimo di eccellenza” sottolinea Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana.
Che ricorda un aspetto di Armani meno raccontato: “Ha sostenuto i giovani designer, le manifestazioni culturali nella città di Milano e nel mondo, la commistione tra le espressioni artistiche. La sua storia rappresenta una fonte di ispirazione per tutti noi”. Che fosse vicino anche al mondo del sociale lo conferma il saluto di Roberto Baggio, uno che non parla mai: “Ciao Re Giorgio. Grazie per averci donato la tua arte, è stato un onore incontrarti".
Per l’amministratore delegato di Pitti Immagine, Raffaello Napoleone, “è stato la locomotiva del sistema moda italiano in un momento in cui poi si sono affermati altri grandi stilisti. Lo ha dimostrato nei fatti e nei fatturati. È stato il primo ad occuparsi di lifestyle e ristorazione, ha fatto per primo gli alberghi. È stato il più visionario”.
A celebrarlo è anche la stampa internazionale, dalla Bbc alla Cnn, da Bild al Washington Post, da Le Monde a Le Figaro, da The Sun al Tokyo Shinbun, da National Post al The Times of India. La Bbc ha titolato "Muore il leggendario stilista italiano Giorgio Armani", per la Bild "È morto l'icona della moda Giorgio Armani". La statunitense Cnn scrive "Lo stilista italiano Giorgio Armani muore all'età di 91 anni", per il Washington Post "Addio a Giorgio Armani, la cui moda essenziale ha dominato il red carpet, muore a 91 anni".
Per il quotidiano francese Le Monde "È morto Giorgio Armani, uno dei fondatori della moda moderna", mentre Le Figaro riporta: "È morto Giorgio Armani, l'ultimo imperatore della moda italiana". Il quotidiano giapponese Tokyo Shinbun "Ci lascia Giorgio Armani, "il re della moda", mentre il National Post, quotidiano canadese, lo ricorda come "Lo stilista italiano che ha trasformato il concetto di eleganza sobria in un impero della moda multimiliardario". Il Times of India scrive, infine, "Giorgio Armani, icona della moda italiana, muore a 91 anni" e a lui "è stato attribuito il merito di aver ridefinito lo stile italiano moderno".
Commosso il saluto anche del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: "Maestro dello stile e della moda e simbolo del genio italiano nel mondo. Personalità schiva e riservata, dalla costante infaticabile creatività, nei lunghi anni della sua carriera ha ridefinito, a livello internazionale, i canoni dell'eleganza e del lusso. La sua sofisticata semplicità, la sua cura per la qualità e l'attenzione ai dettagli, hanno ispirato e influenzato generazioni di stilisti".
Il re è morto, ma di lui tutto resterà, anche nelle Marche grazie al polo produttivo di Matelica, grazie a diversi calzaturieri fermani che producono per il brand. "Vogliamo far crescere questa azienda e continuare a fare in modo che ci sia anche dopo che non ci sarò più" furono le sue parole davanti alla torta per i 90 anni. Agli eredi il compito di renderle concrete.
"Oggi l’Italia perde un simbolo" la chiosa di Emanuele Orsini, presidente di Confindutria. Per chi volesse salutarlo, la camera ardente sarà aperta da sabato 6 settembre a domenica 7 settembre dalle 9 alle 18 in via Bergognone 59, presso il Teatro Armani. Secondo le ultime volontà dello stilista il funerale avverrà poi in forma privata.