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Addio a Paciotti, il ricordo di Macchini: "L'ho scelto perché era bello, figo, vero: la mia parodia è rispetto"

13 Ottobre 2025

di Raffaele Vitali

FERMO – Se ne è andato uno dei ‘re’ delle scarpe, uno dei volti più iconici, di certo del made in Marche che ha reso grande il mondo della moda tra gli anni 90 e il primo decennio del nuovo millennio. Cesare Paciotti è stato tanto più che un semplice imprenditore e anche per questo è diventato uno dei personaggi più amati di Piero Massimo Macchini, il poliedrico attore fermano. Paciotti era il protagonista di "Sordi (e non dico soldi) – Perché quando ce l'hai li chiami come te pare".

Macchini, quando ha saputo della notizia?

“Ieri sera ero al bowling di Civitanova a festeggiare il compleanno di mia figlia. Erano le 20 quando sono passato davanti alla sua casa. l’ho pensato, come spesso mi accade. E poi la terribile notizia. Sono davvero molto triste”.

Macchini, perché ha scelto proprio Paciotti per la sua parodia?

“Era bello, era figo, era eccentrico. Era il personaggio che attraeva, perché innanzitutto professionalmente bravo. Una icona del mondo calzaturiero che in questo territorio pesa in maniera incredibile. Ma soprattutto un volto diventato rapidamente nazionale. Con quei capelli bianchi bellissimi, sempre sui giornali, come non scegliere lui?”.

La sua parodia funzionava?

“Avrei potuto fare cento date in giro per l’Italia senza faticare. La mia non è mai stata una imitazione, anche questo forse l’ha resa più apprezzata. Lui per me era il mezzo per una parodia del calzaturiero…andavo oltre la singola persona”.

Lui cosa ne pensava?

“Purtroppo non ci siamo mai incontrati davvero. All’inizio si era arrabbiato, poi c’’è stato un chiarimento. E una volta, non lo dimenticherò mai, ero nel suo spaccio aziendale e mi ha avvicinato un responsabile che mi aveva riconosciuto. Mi regalarono una maglia e delle scarpe. È successo una volta, ma era un modo per dirmi che aveva capito il senso del mio personaggio”.

E oggi?

“Sono umanamente dispiaciuto. Non dico che mi viene voglia di non farlo più, soprattutto perché per me è una di quelle figure immortali. Ma ci devo pensare. Lui era l’apice del calzaturiero e soprattutto era più interessante di altri imprenditori”.

Figura iconica, come il suo Leopardi?

“È davvero un po’ come Leopardi per me. Lo sentivo comunque vicino perché immortale, senza tempo”.

Come celebrarlo?

“Oggi è  un giorno di rispetto, non mi metto di certo a fare un video con e su di lui. Ma spiegarne il ruolo nella mia vita professionale è importante”.

Certo che lei non ci andava leggero.

“Capisco che a volte un ‘omaggio’ possa dare fastidio. Per cui sto rivalutando in questo  periodo della carriera una serie di sensibilità. Ammetto di essere stato anche cattivello in alcuni momenti della mia storia artistica e di questo mi dispiaccio. Ma dietro c’era sempre il rispetto”.

Macchini senza Paciotti è un po’ più triste?

“Il vuoto c’è. Per questo devo pensare bene al futuro, anche a come onorarlo. Penserò a qualcosa di profondo per il mio prossimo spettacolo. Tornando sempre con la mente a quella prima volta che vidi la sua foto sul giornale e da cui tutto è partito. Negli anni non mi sono mai permesso di usare una sola delle voci che arrivavano, sono sempre rimasto sul professionale, sul suo essere uomo delle scarpe, creativo del lusso che passava il tempo con le star. E soprattutto, ho sempre lavorato di fantasia per raccontare chi invece di estro e creatività ce ne ha regalata tanta davvero”.

Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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