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2 Giugno tra corone e parole. L'omelia politica di monsignor Pennacchio: valori e comportamenti, ognuno lavori per l'altro

2 Giugno 2022

di Raffaele Vitali

FERMO - Tante, tantissime fasce tricolori riempiono il duomo di Fermo e poi il suo piazzale. È il 2 giugno, festa della Repubblica Italia, il giorno in cui si ricorda il referendum che del 1946 che chiuse l’esperienza della monarchia, aprendo le porte alla democrazia parlamentare.

“Speso ci si domanda se non si abusa delle messe in occasione di importanti cerimonie. Beh – sottolinea l’arcivescovo Ricco Pennacchio accogliendo nella casa del Signore le autorità – mai come oggi è utile. Infatti, la parola eucarestia significa ‘rendimento di grazie’. Facciamo quindi bene a celebrare con una messa le giornate importanti, perché impariamo a ringraziare. E oggi lo facciamo per la nostra Repubblica, per quanti la abitano, la sostengono e per quanti sono incaricati di mantenere l’ordine pubblico, avendone le responsabilità politiche e amministrative. Per cui diciamo grazie per la nostra Italia, che seppur tra tante fragilità è un Paese bellissimo dove vivere e crescere”.

È una omelia fortemente ‘politica’ quella di monsignor Pennacchio che ha come filo conduttore alcuni valori: solidarietà, collaborazione, prendersi cura, sapienza. L’uso della politica nelle parole dell’arcivescovo è quello alto, del bene comune, che trova fondamento nelle letture scelte personalmente. “Letture che parlano di società civile. Dobbiamo avere certi i valori e i giusti comportamenti. Farlo il 2 Giugno, un giorno che non evoca trionfi bellici, vittorie o sconfitte, ma una scelta, quella della partecipazione alla vita pubblica, è ancora più importante”.

Parte da San Giacomo: “È la fotografia dello stile con cui va vissuta la responsabilità della cosa pubblica, in particolare da parte di chi ha ruolo. A volte le persone vedono nei nostri atteggiamenti un tentativo di divisione, quindi fazione e infine consenso. È invece difficile partire da una visione cercando una proposta comune, per tutti. Il fatto che per tanti anni la nostra Repubblica sia stata governata da un partito che aveva nella sua ispirazione l’aggettivo cristiano non ha significato uno stato confessionale. La scommessa fu di partire da una impostazione per fare un progetto valido per tutti”.

Il messaggio che Pennacchio estrapola da San Giacomo è quindi uno: “Chi ha responsabilità non si serva della sapienza mondana che crea divisioni, contese e disordini, ma cerchi di fare opere di pace, con la mitezza e a volte arrendevolezza. Questo per un’opera imparziale e sincera”.

Durante l’omelia, non rinuncia a criticare anche una scelta fatta anni fa quella del cambio del nome del ministero da ‘Grazia e giustizia’ a ‘Giustizia’. “Era bella l’immagine della grazia, era una visione promozionale dell’uomo, era un percorso di misericordia. Ecco vorrei che le parole di San Giacomo vi aiutassero – prosegue guardando negli occhi i tanti sindaci presenti, insieme con forze dell’ordine e questore, Asur, associazioni, procuratore capo e Prefetto Filippi - a non farvi prendere da contese e gelosie, a non tendere alla fazione come spesso accade”.

L’ulteriore passaggio ‘politico’ lo trova nel vangelo, la parabola dei talenti. “Due concetti. Il primo è che noi siamo amministratori, non abbiamo proprietà di nulla. Le risorse di cui disponiamo sono talenti che dobbiamo mettere a frutto e restituire. Il cristiano risponde a Dio, il laico sa che passerà e lascerà ad altri quello sui cui lavora. Il principio è che non siamo proprietari, non siamo dei despoti. La Repubblica significa questo, insieme ognuno mette a frutto ciò che ha ricevuto, poco o molto”.

Ma il rischio è di non mettere a frutto. “Da un lato c’è il sentirsi proprietari, mentre siamo responsabili, dall’altro la depressione, lo scoraggiamento e la paura del fallimento che porta all’inazione. È il caso del terzo servo, che ha messo sotto terra i talenti. Ma una comunità si regge nella misura in cui non c’è solo la tutela dei diritti, ma si cerca di mettere a frutto il dovere di venire incontro. Come italiani dobbiamo crescere anche a livello di amor proprio. Ci lamentiamo, critichiamo, sputiamo nel Piatto in cui si mangia e invece dobbiamo sentirci compartecipi. Ognuno ha un compito”.

Impegno, forza d’animo, come quello che mettono i tanti volontari presenti anche in chiesa e sul sagrato del Girfalco per ascoltare la prefetta Vincenza Filippi leggere il messaggio del presidente della Repubblica: “Il volontario è chi aiuta nell’ordinario chi è in difficoltà” conclude Pennacchio lasciando più di una riflessione negli amministratori, anche in chi non c’era perché stava celebrando come da tradizione il 2 Giugno nel proprio comune, come Terrenzi a sant’Elpidio, Canigola a Monte Urano, che poi è arrivata.

Prima di lasciare il duomo e andare a posizionare la corona d’alloro davanti al monumento dei caduti, ha preso però parola il prefetto Vincenza Filippi, dopo aver chiesto un minuto di raccoglimento per le perdite degli ultimi giorni tra carabinieri e polizia. “Siamo qui per ricordare i valori di democrazia e libertà che ci hanno infuso i nostri padri combattendo ogni giorno. Monsignor Pennacchio con le sue parole testimonia la sinergia con il mondo civile. La parabola dei talenti è fondamentale. Nessuno di noi deve dimenticare il dono temporaneo del ruolo che ricopre, il talento che ci è stato dato. Dico grazie alle associazioni del volontariato, che impariamo a conoscere sempre di più e di cui questa provincia è ricchissimo. Buon 2 giugno” conclude la prefetta citando l’articolo 1 e la necessità di una vera ripresa che oltre ai valori si basi sul lavoro.

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Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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