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Gli Stati Uniti piombano nel Medioevo: la Corte Suprema cancella il diritto ad abortire. "Le donne rischieranno di morire in casa"

25 Giugno 2022

“Il parere odierno della Corte Suprema vivrà nell'infamia e come un passo indietro per i diritti delle donne e dei diritti umani". "Ho il cuore spezzato dal fatto che ora potremmo tornare a vivere le dolorose pagine prima che 'Roe vs Wade' diventasse legge, un tempo in cui le donne rischiavano di morire a causa degli aborti clandestini". Le parole delle ex first lady Hillary Clinton e Michelle Obama fotografano quanto successo in America con la decisione della Corte Suprema di annullare la sentenza storica 'Roe v Wade', che quasi cinquant'anni fa (1973) stabilì il diritto all'aborto. Praticamente, più di metà dei cinquanta Stati americani potranno immediatamente vietare il ricorso all'interruzione di gravidanza, impattando la vita di decine di milioni di persone.

Storicamente la Corte Suprema, quando ribaltava una sentenza, lo faceva per ampliare i diritti, mentre stavolta li riduce. Ma troverà molti Stati conservatori pronti a raccogliere l'invito. Ventisei sono quelli che aspettavano il via libera, di questi tredici sono in grado di dichiarare subito illegale l'aborto. In maggioranza sono Stati del Sud e del Midwest.

Una decisione che ha stupito, ma non troppo visto che la Corte Suprema è a maggioranza conservatrice, con tre giudici nominati dall’ex presidente Donald Trump. "Oggi è un giorno triste, a rischio la salute delle donne. Un tragico errore" commenta il presidente Biden

Per abortire, milioni di persone dovranno affrontare viaggi di migliaia di chilometri o fare a casa, da soli, di nascosto, come negli anni '50. Secondo il Centro per i diritti riproduttivi, più del 58 per cento delle donne in età fertile, ovvero quaranta milioni di persone, vive in Stati che sono contrari all'aborto. La decisione della Corte non significa che, automaticamente, c’è una legge nazionale che ne stabilisce il divieto. Quella spetterà al Congresso, con la possibilità che, se le previsioni per le elezioni di Midterm a novembre verranno confermate, sia alla Camera sia al Senato i repubblicani anti-abortisti saranno maggioranza. Ma bisogna vedere con quali numeri.

Per essere approvata, una legge ha bisogno della maggioranza dei rappresentanti della Camera e di almeno 60 voti al Senato, e poi della firma del presidente degli Stati Uniti, in questo caso Joe Biden, un cattolico ma contrario a limitare i diritti delle donne.

 Al momento al Senato la situazione vede cinquanta Democratici e cinquanta Repubblicani. I conservatori dovrebbero cercare di conquistare almeno una maggioranza di otto senatori, e poi puntare sull'appoggio di quei moderati incerti, tra cui Joe Manchin, che spesso ha oltrepassato il confine per votare assieme ai Repubblicani. In ogni caso restano gli Stati in cui questo diritto persisterà, come California e New York.

Con questa decisione gli Stati Uniti diventano una delle quattro nazioni al mondo ad annullare il diritto all'aborto dal 1994, e il più sviluppato. Gli altri Paesi sono Polonia, Salvador e Nicaragua. L'unica possibilità che l'America progressista ha di salvare la 'Roe v Wade' è di farlo attraverso una legge, vincendo nettamente le elezioni di novembre con la parte democratica. Missione quasi impossibile, ma di fatto da oggi l'aborto sarà il tema centrale su cui i Democratici punteranno per rianimare un elettorato meno motivato di due anni fa.

Cosa accadrà? La Louisiana, per esempio, ha una legge che può entrare in vigore subito. L'Idaho, tra trenta giorni. Il Michigan ne ha una che, al momento, è ferma in tribunale. Un altro gruppo di Stati vuole vietare l'aborto nei primissimi stadi, quando ancora le donne non sanno neanche di essere incinte. Uno è la Georgia, dove l'aborto verrà vietato al sesto mese di gravidanza. Il Texas ha messo in campo una serie di divieti su più livelli, con la costituzione di una sorta di 'stato di polizia' per denunciare chiunque aiuti una donna a procedere all'interruzione di gravidanza.

Ma la costa pacifica ha annunciato un impegno comune a difendere i diritti d'aborto, dopo la decisione della corte suprema Usa di ribaltare la Roe vs. Wade. “I governatori di California, Oregon e Washington hanno emesso oggi un impegno Multi-Stato per difendere l'accesso alla sanità riproduttiva, compreso l'aborto e i sistemi contraccettivi, e si sono impegnati a proteggere pazienti e medici contro gli sforzi di altri stati di esportare i loro bandi all'interruzione di gravidanza nei nostri stati”.

Su questo anche il privato reagisce: JPMorgan si farà carico delle spese di viaggio sostenute dai dipendenti per ottenere l'aborto a partire dall'1 luglio. Le spese saranno pagate per i dipendenti costretti a spostarsi in un altro stato per un'interruzione di gravidanza.

Immediate le reazioni alla sentenza nel mondo, soprattutto in Italia. “Evidentemente qualcuno desidera vedere le conseguenze di questa sentenza: morte delle donne di aborto clandestino e orribile costrizione a portare avanti gravidanze non preventivate” commenta Silvana Agatone, rappresentante della Libera Associazione Italiana Ginecologi per l'Applicazione legge 194/78. Una legge che però ha i suoi bag, basti dire che nel Fermano tutti e medici sono obiettori.

Chi brinda sono i vescovi americani: Questa è una giornata storica nella vita del nostro Paese, che suscita pensieri, emozioni e preghiere. Per quasi cinquant'anni l'America ha applicato una legge ingiusta che ha permesso ad alcuni di decidere se altri possono vivere o morire; questa politica ha provocato la morte di decine di milioni di bambini prenati, generazioni a cui è stato negato il diritto di nascere” commenta l’arcivescovo José H. Gomez di Los Angeles, presidente della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (Usccb). “Il nostro primo pensiero - proseguono gli arcivescovi Gomez e Lori - va ai piccoli a cui è stata tolta la vita dal 1973”.

"Anni e anni di narrazione e di propaganda politica contro l'autonomia delle donne sul loro corpo, il loro futuro e il loro benessere": da questo dipenderebbe la decisione che ha assunto la Corte Suprema degli Stati Uniti, che dopo quasi 50 anni ha ribaltato la storica sentenza del 1973 'Roe vs. Wade' che riconosceva il diritto all'aborto a livello federale. Ciò implicava che i singoli Stati non potessero vietare l'aborto con norme proprie. A illustrare questa posizione all'agenzia Dire è il portavoce di Amnesty International Italia Riccardo Noury che parla di "sentenza orribile" e "giorno cupo nella storia dei diritti umani negli Stati Uniti".

È anche "incredibile" per il portavoce di Amnesty che "solo il giorno prima, la Corte Suprema ha annullato una delle poche leggi sensate in materia di possesso di armi nello Stato di New York, che prevedeva che una persona, per girare armata in pubblico senza mostrare di essere armata, dovesse avere un valido motivo". La Corte Suprema ha invece stabilito che tale presupposto "non interessa, in quanto il secondo emendamento alla Costituzione americana- spiega Noury- difende il diritto di poter girare armati. La Corte suprema si prende molta cura delle persone che ancora devono nascere mentre se ne dimentica nel momento in cui poi nascono, senza preoccuparsi se rischiano di essere uccise”.

Quanto accaduto in America ha aperto una riflessione immediata anche in Italia, soprattutto considerando la reazione dei cattolici statunitensi. La decisione della Corte Suprema, che rende legali le leggi anti abortiste di alcuni stati, non sembra replicabile nei nostri confini dove, stando all'ultima Relazione al Parlamento sull'attuazione della legge 194/78, continuano a calare le interruzioni di gravidanza: nel 2020 sono state poco più di 66mila, il 9,3% in meno rispetto al 2019. “Il tema nel nostro Paese è disciplinato da una legge ordinaria e quindi per potere procedere ad una modifica è necessaria e sufficiente una altra legge. Cioè un intervento del Parlamento” spiega Alfonso Celotto, professore ordinario di diritto Costituzionale all'Università degli Studi Roma Tre.

Il referendum lo ha confermato, ma non è che lo ha reso un diritto intoccabile: “Quando il popolo si pronuncia in sede di referendum la legge diventa 'non modificabile’, ma soltanto per una legislatura, come ci ha ben spiegato nel 2012 la Corte costituzionale. Infatti, nel nostro sistema la democrazia diretta ha un plusvalore rispetto alla democrazia rappresentativa, ma soltanto a tempo”.

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