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Biodigestore: dubbi, regole e consigli

21 Febbraio 2021

"Fermiamo il biodigestore". Così oggi gridano tutti a Force e dintorni, ma la questione vale ovunque quando si tratta dell’imminente realizzazione di “un impianto di produzione di biometano e ammendante di qualità da forsu”.

È il tema dell’economia circolare dove il rifiuto diviene risorsa e rientra nel ciclo produttivo allorquando frazioni organiche di rifiuti solidi urbani - sfalci e potature del verde pubblico e scarti e sottoprodotti derivanti dalla filiera agricola e agroindustriale – consentono la produzione di biometano - un combustibile rinnovabile usato per produrre elettricità, calore o per l’autotrazione - e compost - un fertilizzante naturale per terreni agricoli -.

La questione è di rilievo nazionale, se pensiamo che il Governo Draghi è prossimo a destinare le risorse del Recovery Funds alla green economy e alle energie rinnovabili.

Allora perché si grida? Semplice.

Alzi la mano chi vorrebbe un biodigestore nel proprio comune o comunque vicino casa, un impianto dove rifiuti organici di origine vegetale e animale vengono miscelati a batteri in assenza di ossigeno con il pensiero che corre a possibili contaminazioni ambientali, odori, rumori, traffico, ecc.

Accade però che trattandosi di investimenti milionari la politica inizialmente risponda positivamente alla domanda del bioimprenditore, salvo poi un bel giorno - ritrovandosi i cittadini alle porte che, scoperto quanto stava accadendo alle loro spalle formano il “comitato del no” e vogliono bloccare l’opera – ravvedersi e addebitare ad altri qualsivoglia responsabilità, compresa quella di fermare le operazioni, così da accollarsi il rischio di dover rispondere di ingenti danni all’impresa verde.

La materia in diritto è assai complessa anche perché l’attività economica in questione si pone a cavallo tra lo smaltimento dei rifiuti (DLT 03/04/2006, n. 152, artt.20,23,26, 181,182,195-198) e la produzione di energia rinnovabile (DLT 29/12/2003 n. 387, art.12; DM sviluppo economico 10/09/2010), ma cerchiamo di capire come stanno le cose e dare un’indicazione utile.

Il biodigestore è un impianto di pubblica utilità e la sua realizzazione è un’opera indifferibile e urgente al punto che è sufficiente un’autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, per realizzare l’impianto ed esercitare l’impresa.

In particolare l’ente territoriale competente, ricevuta la domanda del proponente, entro 30 giorni convoca la conferenza dei servizi e attiva un procedimento unico cui partecipano tutte le amministrazioni interessate, quindi all’esito, accertata la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto, entro 90 giorni - al netto della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (art.26 DLT 3/4/06 n.152; Marche LR 9/5/2019, n. 11) arriva l’autorizzazione, che peraltro non può essere subordinata a misure di compensazione a favore delle regioni e delle province.

Un corretto collocamento del biodigestore è dato dal rispetto di linee guida nazionali - salvo ulteriori indicazioni regionali di aree e siti non idonei all’installazione -, ma in linea generale esso può essere ubicato anche in zone agricole, specie in un’ottica di sostegno del settore agricolo.

Tirando le somme il possibile comitato del no, pure portatore di apprezzabili istanze collettive di qualità di vita legate alla tutela dell’ambiente e della salute umana, se vorrà veder riconosciute le proprie ragioni dovrà agire in forza di precise basi giuridiche.

Un’indicazione potrà essere quella di verificare se il biodigestore andrà collocarsi in prossimità dei rifiuti da destinare a riciclaggio e recupero, così da ridurre l’impatto ambientale derivante dalla loro movimentazione (art.181 co.5 DLT 3/4/06 n.152; T.A.R. Liguria Genova Sez. I, Sent., 12-11-2018, n. 877).

Esiste infatti un criterio di legge per il quale preferibilmente lo smaltimento dei rifiuti deve avvenire nel medesimo territorio della loro creazione o nelle immediate vicinanze.

La pubblica amministrazione che ha indetto la conferenza dei servizi e gestito l’istruttoria finalizzata al rilascio dell’autorizzazione ha tenuto conto di ciò e ha motivato la propria decisione sul punto?

Perché se così non fosse ….

Avvocato Andrea Agostini

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